La vita e l’opera di Don Pietro Battola

Notizie storiche tratte ed ispirate da una pubblicazione di Giovanni Donni già Parroco in Ome
( a cura di Gabriele Bono )

Ritratto pervenutoci di Don Pietro Battola (1609-1691)

 

Pietro Battola e la sua famiglia:

Pietro Battola, che nel Registro dei Battesimi figura con il nome di Gio Batta, fu battezzato in Ome il 7 gennaio 1609 e vi morì, nel letto di casa sua in Martignago, il 17 agosto del 1691. Dopo le esequie svoltesi nella parrocchiale fu tumulato per sua espressa volontà nell’Oratorio di Sant’Antonio. Ha lasciato un testamento il 14 marzo del 1691 con istruzioni dettagliate sul destino di tutti i suoi averi, la maggior parte dei quali fu destinata, come vedremo, ad opere di carità. Tutto fu redatto raccomandandosi a Dio onnipotente, alla Beata vergine, S. Pietro ed a tutti i Santi con questa disposizione preliminare: “ ne resti sempre honorata l’anima sua et suffragata et il pubblico di Homi beneficiato ”. Si rivolse in articolare ai Commissari testamentari con la seguente prescrizione: “ il suo cadavere dopo le essequie sia riportato all’Oratorio di S. Antonio eretto in Homi nella contrada di Martignago et ivi sepolto con coperchio di pietra”. Nel contempo richiese che del pane fosse dispensato in occasione delle esequie e che offerte fossero fatte alle comunità dei frati cappuccini di Iseo e dell’Abbazzia di Rodengo “acciò preghino il Signore per l’anima sua”.

La presenza della sua famiglia, Battola o de Batolis, è documentata in Ome a partire dalla metà del XVI secolo. Fu imparentata con famiglie note del paese come i Chimina ed i Manessi ed ebbe tra i suoi esponenti numerosi sacerdoti, in un arco di tempo che va dal 1664 al 1762, tra questi Isidoro che fu insegnante nella Scuola lasciata in testamento da don Pietro. L’abitazione dei Battola è ancora oggi individuabile nella Contrada di sotto della frazione Martignago nelle adiacenze della chiesa di S. Antonio da Padova. I Battola possedevano in Ome estese proprietà, tra queste il complesso recentemente valorizzato del Borgo del Maglio, ancora funzionante, che nel tempo passò dapprima alla famiglia Bono e poi, come testimonia l’attuale denominazione, agli Averoldi. Il fabbricato posseduto in Martignago doveva essere piuttosto imponente per l’epoca, si estendeva infatti per un buon tratto da levante a ponente lungo la direzione dell’attuale via Martignago, dal numero civico 20 al 28.

 


Ricostruzione del complesso caseggiato rurale adiacente alla chiesa , come poteva presentarsi intorno al XVII secolo

 

L’edificio era dotato di un lungo porticato che guardava a mezzogiorno con due portelle ad arco, di fattura cinquecentesca, poste alle estremità; quella di ponente è ancora visibile all’attuale numero civico 32. L’edificio originale, già frutto di aggiunte in varie epoche, ha subìto, specialmente nel ‘900, notevoli trasformazioni, tanto da rendere difficile all’osservatore, che vi passeggi oggi sul fronte, una ricostruzione corrispondente ai tempi di don Battola.

Le tracce dell’impianto originale che si poteva osservare nel XVI secolo ed antecedente sono ancora presenti rispettivamente nelle corti del numero civico attuale 22 cui si accede dall’antico portone di legno e del numero 26 aperto verso mezzogiorno. Queste corti nel secolo appena trascorso erano abitate rispettivamente dalle famiglie Prati (i Noder) a levante e Peli (i Masì) a ponente. In particolare, la casa Prati, nella parte ora degli eredi di Vittorio (el Muritina), fu certamente la vera residenza di don Pietro che occupava il primo piano. La nobiltà di questa parte del caseggiato con corte risalta ancora osservando l’elegante colonna in pietra di Sarnico a sostegno della loggia sovrastante il portico.
 Entrando dal portico da mano sinistra ci si ritrova in due stanze comunicanti con soffitti a volta; nella seconda è rimasto il grande camino in pietra di fattura rinascimentale. Dalla stanza cui fu asportato il camino originale si può scendere per una scaletta alla fresca e profonda cantina e si può uscire verso il piccolo chiostro posto a monte che permette di raggiungere la chiesa dalla porta dietro l’altare passando per il piccolo chiostro. Nella stanza di sinistra appena citata, don Pietro si vestiva per le funzioni religiose e conservava i preziosi paramenti che ancora oggi vengono utilizzati; questo sino al completamento della Chiesa dell’attuale Sagrestia.

Nella parte del caseggiato che era di pertinenza dei Masì, poi abitata dalla famiglia Bozza, resiste una delle numerose colonne del vecchio porticato, di minor raffinatezza, ma decisamente affascinante per il suo impianto di semplici linee geometriche che la caratterizza e che parrebbe risalire a data anteriore al ‘500. Un capitello di queste antiche colonne del porticato è ancora visibilmente murato nel rustico posto anteriormente alla corte del civico 26. Doveva esser questa la parte meno nobile del caseggiato, che si presentava costituito come una gran Corte, occupata da granai, fienili, scuderia ed altre dipendenze utili per l’economia prettamente agricola di quei tempi della quale abbiamo ampia testimonianza nelle destinazioni delle proprietà che compaiono nelle disposizioni testamentarie di don Pietro.

 

La costruzione della Chiesa di S. Antonio: 

La costruzione della Chiesa di S. Antonio fu decisa nel settembre del 1670 e si concluse in poco più di due anni: il 13 novembre 1672 fu benedetta e vi si celebrò la prima Messa. Nel chiostro annesso nell’ottobre dell’anno successivo vengono eletti i primi Commissari per i bisogni della Chiesa di cui don Pietro Battola è cappellano. L’Oratorio non aveva “nessun reddito e nessun onere” e ad esso “vi provvedono le elemosine dei fedeli e la pietà di don Pietro”. Nel 1691 sono presenti dei “Massari” eletti dagli uomini della Contrada che provvedono agli arredi sacri. La chiesa fu completata in tempi successivi con ampliamento dell’originale ‘Oratorio’. Nella torre campanaria furono poi collocate due piccole campane che, come sta scritto sulla maggiore, vennero fuse da tal Giulio Carlo Filiberti nel 1754. La loro decorazione è preziosa e riporta immagini a sbalzo del Crocefisso, della Vergine e di Santi. Le due campane suggellano la devozione dei committenti rispettivamente per S. Antonio, la maggiore, e per la Vergine, la minore, ai quali viene richiesta intercessione con la scritta ‘ ora pro nobis’).  

 

La fondazione e le vicende dell’opera caritatevole di don Battola per l’istruzione, la cultura ed i bisognosi di Ome

All’epoca di Don Battola il territorio di Ome era sotto il dominio della Serenissima. In quei tempi l’istruzione era prerogativa delle famiglie ricche e quello che oggi chiamiamo insegnamento elementare veniva affidato ad ecclesiastici o laici che dimoravano presso le famiglie. Ad Ome si ha notizia dell’attività di alcuni sacerdoti e di altri, come un professore di grammatica, un certo Stefano Maistrini, già verso la fine del XVII secolo. Nella casa di Leanzio Pedersoli operava nel XVIII secolo una tal maestra Pazienza de Barbis e nel 1684 il Parroco annotava che un certo Stefano Chimina insegnava ad alcuni ragazzi più che altro per carità a fare i conti.

In questa situazione estremamente carente per la formazione scolastica, don Battola, con il suo testamento prese una decisione assolutamente innovativa e fornì dal 1691 una dote per ingaggiare un insegnante che si occupasse dell’istruzione di 12 ragazzi poveri aperta anche alla partecipazione di altri dotati di mezzi propri

Don Battola istituì anche un fondo per assicurare a quattro giovani di Ome di proseguire gli studi sino al sacerdozio o alla professione di notaio. Tracce di questi candidati sono state scoperte per gli anni dal 1750 al 1758, sotto la dominazione austriaca, a favore di Francesco Ghidesio, Pietro Antonio e Clemente Prati, Michel Arcangelo Orcello e Pietro Maistrino, e più oltre nel 1871, già in epoca dell’Unità d’Italia, per i chierici Giorgio Garbelli e Stefano Borboni.

Don Pietro Battola disponeva anche di una cospicua biblioteca. Parte di quel patrimonio librario gli derivò da un lascito da don Gio Giacomo Chimina (che fu parroco ad Ome dal 1616 al 1630). Quel nucleo fu poi integrato da altre acquisizioni che composero la biblioteca che aveva un buon numero di volumi a disposizione dei quattro giovani di Ome candidati agli studi superiori come si è accennato. Nell’inventario compilato dopo la morte di don Battola, tolte le donazioni testamentarie da lui volute, restava un patrimonio di ben 148 libri di cui 96 ad uso dei quattro giovani. La formazione dei giovani era affidata a letture molto diversificate: molte erano specifiche per la formazione sacerdotale tra queste: Rito di celebrar di messa, Catechismo, Instructio predicationis, Doctrina Tridentini; altre erano letture di classici come Virgilio, Cicerone, Omero, Esopo, Orazio, Plutarco; non mancavano poi le fonti storiche come le pertinenti Storie venete e bresciane o scientifiche come l’opera di Tolomeo e di Ippocrate; certamente indispensabile per quei tempi era il tomo “ Index librorum prohibitorum” che compare in catalogo al n.136.

A Ome già dall’inizio del XVI secolo esisteva la “Carità”, un’istituzione laicale vigilata dal parroco ed alimentata da lasciti destinati ai poveri. Da questi beni oculatamente amministrati derivarono nel tempo acquisizioni di immobili e costituzioni di rendite che venivano distribuite di anno in anno. Per dovere di cronaca dobbiamo anche dire che non sempre gli amministratori corrisposero alle volontà dei testatori, tant’è che più volte nelle visite pastorali vi furono rilievi e rimproveri.

Don Battola istituì a Ome con il suo testamento il “Monte granario”, una forma diffusa nel territorio bresciano già nel secolo precedente. Va ricordato che un altro sacerdote, don Tomaso Bongetti, circa un secolo dopo incrementò generosamente questo lascito. Con varie vicende l’opera caritativa resistette nel tempo curata da apposite “Reggenze” delle quali Parroci e Sindaci erano membri di diritto ed alcuni rappresentanti erano eletti da assemblee di “Poveri originari”. Con l’epoca napoleonica fu istituita la “Congregazione di carità” (1807) e con il dominio austriaco del Lombardo-Veneto si passò ai “Pii luoghi elemosinieri”. Dai documenti superstiti è di un certo interesse leggere di che cosa fosse costituita l’assistenza ai poveri: distribuzioni di pane, sale, vino, contributi per il baliatico e per la casa, contributi per vedove, orfani e ragazzi abbandonati.

Un documento interessante è dato dal rapporto compilato sotto il nuovo Regno d’Italia (26 settembre 1860) che, richiamando la figura del fondatore dell’Opera pia, cita alcuni dei legati aggiuntisi provenienti da benefattori come Prevosti, Bongetti, Maestrini e Cimaschi e rammenta delle vendite dei diversi beni immobili del patrimonio, fatto salvo la casa del Cappellano di S. Antonio. Il patrimonio dell’Ente “Congregazione di carità dei poveri” era alla data del 1860 ammontante a L. 63.764 (attualizzate al 2003 circa 490 milioni) con una rendita annua di L. 3004, corrispondenti ad una elargizione benefica di L. 1794. Detto Ente nel 1882 si diede uno statuto e restò attivo sino al 1937 allorché divenne Ente Comunale di Assistenza (ECA). Dopo la guerra le rendite dell’ECA furono ahimè terribilmente svalutate; come commenta G. Donni “ era svanito così nel nulla un capitale immenso assorbito nel vortice degli investimenti obbligatori in titoli di stato. Gli unici beni stabili rimasti erano i terreni della Fonte, alcuni appezzamenti di bosco e la casa del Cappellano in via Battola” ancora visibile all’attuale N. civico 17.
Con il trasferimento dell’assistenza sanitaria alle Regioni e la soppressione dell’ECA nel 1978 i beni residui furono trasferiti al Comune al quale è ora affidata l’assistenza sociale.

 

DAL TESTAMENTO REDATTO NEL 1691:

Qui di seguito sono riportati alcuni passi significativi tratti da una copia della ‘polizza’ in dodici capitoli nella quale sono contenute le sue disposizioni ed ultime volontà. L’autenticità delle trascrizioni di questa copia del testamento, rogato dal Notaio Pietro Bonzone il 14 marzo 1691, è attestata dalla Deputazione comunale di Ome il 10 maggio 1837 e da un visto dell’amministrazione del 9 marzo 1880.

Disposizioni per il culto (cap. V, pag.10) :

Item lascia ed ordina che sia celebrata una messa perpetua nella chiesa seu Oratorio predetto di s.to Antonio da un rev.o Sacerdote di buona vita lodevoli, ed esemplari costumi, qual doverà esser eletto di tempo in tempo da signori Comissari, che per tempora saranno con l’obbligazione di celebrar quella quantità di messe che …

E’ interessante per le nostre tradizioni delle Feste di fine luglio, ricordare che sino agli anni ’60 del secolo scorso era tradizione che l’addetto alla custodia della chiesa ricevesse dagli amministratori l’incarico di cercare un ‘Predicatore’. La predica veniva impartita sulla piazzetta da un pulpito appositamente costruito che veniva appeso al muro di fronte. Lo spazio riservato alle funzioni sacre era delimitato da lenzuola bianche fornite per la circostanza dalle famiglie della Contrada.

 

Disposizioni per la scuola dei fanciulli (cap. VI, pag.16) :

Item lascia e vuole che sia eretta una Scuola per insegnare a fanciulli assegnando e destinando alla med.a li beni qui basso più prossimamente descritti, e questa dovrà essere conferita ad un Maestro, o Religioso, o Secolare da esser eletto da signori Commisari obbligandolo ad insegnar a leggere, scrivere, sommare, moltiplicare, e restare a dodici fanciulli delli più poveri …

NdR: E’ decisamente un avvenimento rivoluzionario; nasce la Scuola primaria in un piccolo borgo! All’epoca solo le famiglie di un certo rango sociale avevano pedagoghi ed insegnanti per i fanciulli, l’istruzione dei poveri era affidati alla benevolenza e alla carità del clero. Dopo il Concilio tridentino, per opera di san Carlo Borromeo, trova applicazione l’esigenza di rafforzare l’istruzione non solo religiosa delle popolazioni. Tra il 1600 e il 1700 si matura anche a Brescia l’idea che l’istruzione possa costituire anche una opportunità di maggior benessere sociale. E’ del 1673 un altro esempio straordinario per il nostro territorio, l’istruzione femminile con la nascita dell’Orfanotrofio in Brescia dove viene fornita una istruzione comprendente l’amministrazione familiare, la lettura, la scrittura e il far di conto; in tal modo queste fanciulle avrebbero potuto guadagnare la capacità di compilare brevi note o soddisfare le modeste esigenze contabili di un piccolo artigiano ed inserirsi nella società.

 

Disposizioni per studenti delle Scuole superiori (cap. VII, pagg. 22-23) :

Item Lascia, et costituisse le infrascritte quattro parti de beni qui basso più prossimamente descritte da esser usufruttuate e godute di quattro Giovani originarii del Comune di Ome, ordinando che siano conferte una per cad.o a elezione de Comisari di mano in mano all’un quaternario dopo l’altro acciò li medesimi possano attendere allo studio delle Lettere quanti siano di buona indole, di memoria d’ingegno e di giudizio vivaci, e sopra tutto timorati di Dio, e dediti al servizio della Chiesa, ed abbino animo di farsi Sacerdoti, o Notai pubblici. Quali quattro giovani doveranno far suoi i frutti della parte che gli sarà rispettivamente conferta dal santo martino pro=
prossimamente seguente al compimento delli doveri, o più tardi li venisse conferta sino al santo martino prossimamente seguente al compimento delli vinticinque anni dell’età di ciascheduno, e se volessero addottorarsi gli sia prorogato il tempo, e concesso il godimento, ed usufrutto sin al santo martino dopo li trent’anni compiti della loro età; dovendo poi compiti li sudetti tempi rispetti=vamente al santo martino receder da esso beneficio per …

NdR: I primi beneficiari furono: due giovani nativi di Ome, Andrea Forello e Faustino Salvi, e due eccezionalmente non nativi, Paolo nipote di don Bartolomeo Fantone, il Rettore della chiesa di Ome, e Paolo Guerino, ‘facendo questo per la saldezza d’affetto che porta’(al Rettore).
 
A completamento di quanto osservato più sopra, in questa disposizione appare assolutamente illuminata l’intenzione di promuovere l’alta formazione (come si direbbe oggi) sia per il clero che per una elite professionale locale, quest’ultima deputata a svolgere un compito assai cruciale in un momento storico che vedeva profondi cambiamenti sul piano fondiario; la proprietà fondiaria rurale si riduceva vistosamente a vantaggio di quella urbana.

 

Disposizioni per il Monte di Pietà (cap. IX, pagg. 32-33) :

 

Primo ha eretto, e costituito il predetto Sig. D.n Pietro un Monte di Pietà per soglievo massime de Poveri, qual consista in some ottantacinque miglio e some quindeci segale, perciò se tal quantità non vi si trovasse al tempo della sua morte, vuole che con li frutti di sopra nominati nel capo antecedente, ne sia comperata sin che arrivi alla predetta quantità, ed anco a molto maggiore se da signori commissari sara stimato bene, …

 

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Referenze e riconoscimenti:

Giovanni Donni (1991) Don Pietro Battola. Trecento anni di carità, Ome.

La copia del testamento da cui sono state tratte le riproduzioni, appartenuta all’archivio di don Stefano Borboni, è stata donata per l’occasione della costituzione della nostra Associazione.

Il disegno della ricostruzione del complesso caseggiato rurale sotto riportato è di Vanessa Belotti.

Le fotografie sono di Ombredigitali.it

Un grato riconoscimento va alle testimoni ed attuali custodi dell’amata chiesetta:
Marietta e Rosi Prati.

Un pensiero affettuoso alla memoria di mio padre, già custode della chiesa. (G.Bono)